NOVITA’ FISCALI SULLE CRIPTO-ATTIVITÀ DETENUTE DA SOGGETTI RESIDENTI
Il regime fiscale delle cripto-attività è stato formulato ex novo dalla L. 197/2022, con riferimento alle imposte sui redditi, al monitoraggio fiscale e alle imposte indirette.
Innanzitutto è stato chiarito che per cripto-attività si intende “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti o memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologie analoga”.
Con l’introduzione del nuovo art. 67 comma 1 lett. c-sexies) del TUIR, rientrano tra i redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”.
La norma stabilisce in particolare:
- – che tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro nel periodo d’imposta,
- – che le minusvalenze sono compensabili solo con plusvalenze della stessa natura e sono riportabili all’anno successivo solo se superiori a 2.000 euro;
- – che noncostituisce fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi le medesime caratteristiche e funzioni.
Pertanto i redditi derivanti dalle cripto-attività rientrano esclusivamente tra i redditi diversi e non sono più riconducibili ai redditi di capitale relativi alle valute estere (come era stato indicato in passato dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate). Viene di conseguenza meno la previsione per cui la natura di plusvalenza sarebbe subordinata alla detenzione di tali attività per almeno 7 giorni lavorativi continui per un importo superiore a 51.645,69 euro.
Riguardo alle minusvalenze, si osserva che il nuovo art. 68 comma 9-bis del TUIR prevede che le plusvalenze su cripto-attività siano sommate alle minusvalenze su cripto-attività.
È stata poi prevista un’apposita disciplina transitoria ai sensi della quale le minusvalenze realizzate su cripto-attività sino al 2022 possono essere portate a deduzione delle plusvalenze in modo “ordinario” ai sensi dell’art. 68 comma 5 del TUIR.
Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze su cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023, la legge di bilancio 2023 ha inoltre previsto la possibilità di rivalutarne il costo, assumendo, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore a tale data, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR e previo assoggettamento a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 14%.
L’imposta sostitutiva del 14% deve essere versata, alternativamente:
– in un’unica soluzione, entro il 30 giugno 2023;
– in modo rateale (ossia, in un massimo di tre rate annuali di pari importo, con interessi del 3% annuo sulle rate successive alla prima).
Viene inoltre consentita la compensazione con importi a credito nel modello F24.
La rideterminazione del valore delle cripto-attività ha effetto ai soli fini dei redditi diversi di natura finanziaria e non consente il realizzo di minusvalenze deducibili.
Un aspetto interessante è poi rappresentato dalla generale applicazione di imposte patrimoniali sulla detenzione delle cripto-attività.
Fino all’anno scorso, le cripto-attività non erano soggette all’IVAFE, come chiarito anche dalle risposte a interpello Agenzia delle Entrate 24 novembre 2021 n. 788, 24 agosto 2022 n. 433 e 26 agosto 2022 n. 437.
A partire dal 1° gennaio 2023, invece, anche le cripto-attività risultano soggette all’imposta di bollo o, alternativamente, a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende per buona parte la normativa dell’IVAFE.
Entrambe le imposte adottano un’aliquota nella misura proporzionale dello 0,2%.
L’imposta sul valore delle cripto-attività che adotta le regole dell’IVAFE è dovuta ove le cripto-attività siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su chiavette, PC o smartphone.
Gli obblighi di assolvimento di quest’ultima vengono estesi alla generalità dei soggetti residenti, ove le cripto-attività non siano assoggettate all’imposta di bollo. Sembra, quindi, che anche i soggetti imprenditori dovranno assolverla.
Considerato il rimando all’applicazione della disciplina IVAFE, resta comunque fermo quanto previsto dal comma 20 dell’art. 19 del DL 201/2011, secondo cui per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta è dovuta nella misura massima di 14.000 euro.
DAL 1° LUGLIO 2022 L’OBBLIGO DI FATTURA ELETTRONICA SOSTITUISCE L’ESTEROMETRO
Nuove regole per comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni transfrontaliere, ossia le operazioni attive e passive che hanno come controparte un soggetto non residente o stabilito nel territorio dello stato; viene di fatto soppresso il cosiddetto “esterometro”, ma occorre inviare all’Agenzia delle entrate le medesime informazioni in maniera “singola”, con un evidente aggravio di adempimenti.
Nel dettaglio, per le operazioni realizzate sino allo scorso 30 giugno con “controparte straniera” i soggetti passivi Iva residenti o stabiliti nel territorio dello Stato dovevano trasmettere per via telematica all’Agenzia delle entrate, con periodicità trimestrale, i dati delle operazioni attive e passive effettuate con soggetti non stabiliti.
Ora l’articolo 1, comma 3-bis, D. Lgs. 127/2015 prevede che, con riferimento alle operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2022, i dati delle operazioni transfrontaliere debbano essere trasmessi esclusivamente utilizzando il Sistema di Interscambio (SdI) e il formato del file fattura elettronica, con termini differenziati per le operazioni attive e passive.
Operazioni attive
Per le operazioni attive, la trasmissione è effettuata entro gli ordinari termini di emissione delle fatture o dei documenti che ne certificano i corrispettivi, vale a dire entro 12 giorni dall’effettuazione della cessione o prestazione o entro il diverso termine stabilito da specifiche disposizioni (ad esempio, giorno 15 del mese successivo in caso di fatturazione differita).
In tal caso si dovrà emettere una fattura elettronica valorizzando il campo “codice destinatario” con “XXXXXXX”.
Quindi, di fatto, dal 1° luglio anche le fatture emesse nei confronti di soggetti non residenti dovranno transitare dalla fattura elettronica, secondo le modalità già ben note per le fatture emesse verso operatori nazionali; ovviamente il cliente straniero non essendo collegato al sistema di interscambio non riceverà la fattura elettronica, per cui occorrerà inviare una copia della fattura secondo le modalità tradizionali (ad esempio, un Pdf via mail).
Operazioni passive
Per le operazioni passive, la trasmissione è effettuata entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.
Per le fatture ricevute in modalità analogica dai fornitori esteri, il cliente italiano dovrà generare un documento elettronico di tipo TD17, TD18 o TD19 (a seconda dell’operazione posta in essere), da trasmettere al Sistema di Interscambio.
Quindi, di fatto, l’integrazione/autofattura, che sino allo scorso 30 giugno poteva avvenire in modalità analogica, dovrà necessariamente avvenire in modalità telematica, inviando il documento integrativo al Sistema di interscambio.
Tipologie di documenti elettronici da utilizzare:
TD17 | Integrazione o Autofattura per acquisto di servizi dall’estero |
Questa integrazione/autofattura si deve emettere per assolvere l’imposta relativa ad una prestazione di servizi con fornitore estero (residente in UE o extra UE, nella Repubblica di San Marino, oppure nella Città del Vaticano). |
TD18 | Integrazione per acquisto di beni intracomunitari |
Questa integrazione si utilizza nel caso in cui un soggetto passivo italiano acquisti dei beni da un soggetto residente in uno dei Paesi della Comunità Europea e di conseguenza l’Iva deve essere assolta dal cessionario in Italia.
Il codice TD18 deve essere utilizzato anche nel caso di acquisti intracomunitari che prevedono l’introduzione dei beni in un deposito Iva. |
TD19 | Integrazione o autofattura per acquisto di beni articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 |
Questa integrazione/autofattura riguarda il caso in cui si acquistano beni da un venditore estero, ma questi beni sono già nel territorio italiano (quindi non si tratta né di importazione, né di acquisto intracomunitario); in questo caso il fornitore emette una fattura senza addebito dell’Iva, che andrà assolta dall’acquirente italiano (appunto emettendo autofattura).
Il codice TD19 deve essere utilizzato anche per l’acquisto di beni provenienti dalla Repubblica di San Marino o dallo Stato della Città del Vaticano, così come per acquisti da soggetti non residenti di beni già presenti in Italia con introduzione in un deposito Iva, oppure per acquisti da soggetti non residenti di beni (o di servizi su beni) che si trovano all’interno di un deposito Iva. |
Si segnala che Il D.L. “Semplificazioni fiscali” (articolo 12, D.L. 73/2022) prevede che siano escluse dall’obbligo di comunicazione tramite SDI, oltre alle operazioni documentate da bolletta, anche “quelle, purché di importo non superiore a 5.000 euro per ogni singola operazione, relative ad acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies, D.P.R. 633/1972”.
Questa modifica permette di evitare l’invio di operazioni non territoriali di importo non significativo (ad esempio le fatture di alberghi o ristoranti per prestazioni ricevute all’estero).
CRIPTOVALUTE: TASSAZIONE E MONITORAGGIO FISCALE (RW)
Con la risposta n. 788 del 24/11/2021, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul trattamento fiscale delle criptovalute detenute, da persone fisiche residenti, su wallet presso un exchange estero, ovvero in un “hardware wallet” o in un “desktop wallet” con disponibilità diretta di chiave privata.
Presupposto della posizione dell’Agenzia delle Entrate (già stabilito con la risoluzione n. 72/2016) è che le valute virtuali sono utilizzate come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale ed emessa dall’Autorità monetaria.
In termini fiscali, e in assenza di una normativa specifica, si adotta l’impostazione della sentenza della Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, causa C-264/14, secondo la quale l’utilizzo delle valute virtuali rientra tra le operazioni “relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio” (art. 135, par. 1, lett. e), della direttiva 2006/112/Ce).
Ne consegue quindi l’assimilazione delle criptovalute alle valute estere, circostanza che può originare l’emersione di plusvalenze imponibili come redditi diversi ex art. 67 comma 1 lett. c-ter) del TUIR: in sostanza, la cessione a pronti di criptovalute produce un reddito diverso imponibile qualora la valuta ceduta sia oggetto di prelievo da portafogli elettronici (wallet) per i quali la giacenza media (che va conteggiata con riferimento a tutti i wallet detenuti, , indipendentemente dalla loro tipologia) sia superiore a 51.645,69 euro, per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (art. 67 comma 1-ter del TUIR). A questi fini, il contribuente può utilizzare il rapporto di cambio al 1° gennaio rilevato sul sito dove ha acquistato la valuta virtuale o, in mancanza, quello rilevato sul sito dove effettua la maggior parte delle operazioni.
Si precisa inoltre che, ai sensi dell’art. 67, comma 1-bis, del TUIR, per la determinazione delle plusvalenze/minusvalenze, si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente (criterio LIFO).
L’eventuale reddito (plusvalenza) risulta assoggettato ad imposta sostitutiva del 26% ex art. 5 del DLgs. 461/97.
In merito alla compilazione del quadro RW in applicazione dell’art. 4 del DL 167/90, si riprende quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 23 dicembre 2013 n. 38 (§ 1.3.1), per la quale l’obbligo sussiste anche per “le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti”.
L’obbligo di compilazione del quadro RW scatta quindi per tutte le valute virtuali, comprese quelle per le quali il contribuente detenga direttamente la chiave privata. Non rileva, quindi, che parte delle valute virtuali siano detenute presso un exchange e in parte in wallet fisicamente in Italia.
Anche per la compilazione del quadro RW, si chiarisce che il controvalore in euro della valuta virtuale, detenuta al 31 dicembre del periodo di riferimento, deve essere determinato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale.
Negli anni successivi, il contribuente dovrà indicare il controvalore detenuto alla fine di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di valuta virtuale vendute in corso d’anno.
Si conferma, infine, che le criptovalute non scontano l’IVAFE.
NUOVI OBBLIGHI PER LA VENDITA A DISTANZA DI BENI E SERVIZI A PRIVATI CITTADINI EUROPEI: REGIMI “OSS” E “IOSS”
Dal prossimo 1° luglio 2021 entreranno in vigore le modifiche alla Direttiva Iva 2006/112/CE, introdotte con l’obiettivo di semplificare gli obblighi Iva dei soggetti passivi, comprese le interfacce elettroniche, impegnati nel commercio transfrontaliero nei confronti di consumatori finali.
Le nuove regole ai fini Iva per l’e-commerce saranno introdotte in tutta l’Unione Europea al fine di garantire che l’imposta sul valore aggiunto sia versata nel paese in cui vengono consumati i beni o forniti i servizi pagati e al fine di offrire alle imprese un sistema per dichiarare e versare l’Iva dovuta nella UE (con cadenza trimestrale).
Le principali novità applicabili alle vendite a distanza nei confronti di consumatori finali riguardano:
- – la rilevanza nello stato UE di destinazione delle cessioni di beni intracomunitarie;
- – un’unica soglia annuale di 10.000 euro per tutti gli stati Ue al di sotto della quale le cessioni sono rilevanti nello stato del cedente;
- – la possibilità di evitare di identificarsi ai fini Iva nello stato dell’acquirente optando per l’Oss (ex Moss).
L’Agenzia delle entrate ha, pertanto, predisposto le funzionalità telematiche che consentono ai soggetti passivi, residenti e non residenti che intendono aderire ai regimi speciali Oss e Ioss, di effettuare la registrazione on line, assolvendo gli obblighi Iva in un solo stato dell’Unione europea.
In base alle nuove disposizioni, il regime semplificato di identificazione Iva dello sportello unico – cosiddetto regime Moss (mini one stop shop) – attualmente previsto per le prestazioni di servizi di telecomunicazione, tele radiodiffusione ed elettronici rese a consumatori finali, sarà esteso alle vendite a distanza e alle prestazioni di servizi rese a consumatori finali.
In particolare, verranno introdotti:
- – il regime “OSS” (one stop shop), per le vendite a distanza di beni spediti da uno Stato membro e a destinazione di consumatori finali di altro Stato membro dell’Unione europea e per le prestazioni di servizi rese a consumatori finali assoggettate all’Iva nello Stato membro di consumo;
- – il regime “IOSS” (import one stop shop), per le vendite a consumatori finali di beni importati da paesi terzi in spedizioni di valore non superiore a 150 euro.
Per accedere al nuovo regime opzionale Oss (one stop shop) è necessario registrarsi mediante le funzionalità presenti nell’area riservata alla sezione “Regimi Iva mini one stop shop, one stop shop e import one stop shop”.
Il regime Oss UE
Possono accedere al regime UE:
- – i soggetti passivi domiciliati nel territorio dello Stato, o ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, per tutti i servizi resi negli altri Stati membri dell’Unione Europea nei confronti di committenti non soggetti passivi d’imposta, per tutte le vendite a distanza intracomunitarie di beni e per tutte le cessioni di beni facilitate tramite l’uso di interfacce elettroniche;
- – i soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea che dispongono di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato nonché i soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dell’Unione europea che non dispongono di una stabile organizzazione nell’Unione Europea e che spediscono o trasportano i beni a partire dallo Stato. I soggetti extra Ue, privi di stabile organizzazione, che spediscono o trasportano i beni a partire dallo Stato devono nominare un rappresentante fiscale al fine di registrarsi al regime.
Il regime riguarda:
- – vendite a distanza intracomunitarie di beni effettuate da fornitori o tramite l’uso di un’interfaccia elettronica;
- – vendite nazionali di beni effettuate tramite l’uso di un’interfaccia elettronica;
- – prestazioni di servizi da parte di soggetti passivi non stabiliti nell’UE o da soggetti passivi stabiliti all’interno dell’UE ma non nello Stato membro di consumo a consumatori finali.
Il regime Oss non UE
Possono fare ricorso al regime non UE esclusivamente i soggetti passivi (fornitori) non stabiliti nell’UE, ossia soggetti passivi che non hanno stabilito la sede della propria attività economica e che non dispongono di una stabile organizzazione nell’UE. Anche se tale soggetto passivo è registrato o tenuto a registrarsi ai fini Iva in uno degli Stati membri per prestazioni diverse da quelle di servizi B2C, può comunque fare ricorso al regime non UE per le prestazioni B2C.
Il regime non UE include tutte le prestazioni di servizi (compresi i servizi TTE) con luogo di prestazione nell’UE effettuate dai soggetti passivi di cui sopra a favore di persone che non sono soggetti passivi (consumatori finali). Se il fornitore sceglie di far ricorso al regime non UE, deve utilizzare tale regime per dichiarare e versare l’Iva per tutte queste prestazioni di servizi B2C nell’UE.
Il regime opzionale Ioss (import one stop shop)
Dal 1° luglio 2021 l’Iva sarà dovuta su tutti i beni commerciali importati nell’UE indipendentemente dal loro valore. Di conseguenza è stato creato un regime speciale per le vendite a distanza di beni importati da paesi terzi nell’UE per agevolare la dichiarazione e il pagamento dell’Iva dovuta sulla vendita di beni di valore modesto.
Questo regime, più comunemente denominato regime di importazione, consente ai fornitori che vendono beni spediti o trasportati da un paese terzo o un territorio terzo ad acquirenti nell’UE di riscuotere presso l’acquirente l’Iva sulle vendite a distanza di beni di valore modesto importati e di dichiarare e versare tale Iva tramite lo sportello unico per le importazioni (Ioss).
Se si ricorre all’Ioss, l’importazione (immissione in libera pratica) di beni di valore modesto (beni aventi un valore intrinseco non superiore a 150 euro) nell’UE è esente da Iva. L’Iva è dovuta come parte del prezzo di acquisto dall’acquirente e da versare tramite lo sportello unico per le importazioni (Ioss).
Si segnala infine che le funzionalità rese disponibili dall’Agenzia delle entrate (ai fini della registrazione per i suesposti regimi) sono operative dallo scorso 1° aprile 2021, mentre i nuovi regimi entreranno in vigore dal 1° luglio 2021.
LETTERE D’INTENTO DA VERIFICARE NEL CASSETTO FISCALE
Con il provvedimento prot. n. 96911/2020 l’Agenzia delle Entrate indica le modalità operative per l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 12-septies D.L. 34/2019 (c.d. “Decreto crescita”), con il quale si è previsto che, dallo scorso 1° gennaio 2020, gli esportatori abituali non hanno più l’obbligo di consegnare al fornitore (o alla dogana) la dichiarazione di intento e la copia della ricevuta di trasmissione telematica della stessa all’Agenzia delle Entrate. Contestualmente è stata prevista l’eliminazione dell’obbligo di numerazione progressiva e annotazione delle dichiarazioni d’intento emesse e ricevute in un apposito registro.
La norma, tuttavia, dispone che gli estremi del protocollo di ricezione delle ricevute telematiche rilasciate dall’Agenzia delle Entrate debbano essere obbligatoriamente indicati dal cedente nelle fatture emesse, ovvero debbano essere indicati dall’importatore nella dichiarazione doganale. Con il predetto provvedimento l’Agenzia delle Entrate precisa le modalità con le quali renderà disponibili a ciascun fornitore, a partire dal 2 marzo 2020, mediante l’utilizzo del “Cassetto fiscale”, le informazioni relative alle dichiarazioni d’intento trasmesse dagli esportatori abituali per via telematica all’Agenzia stessa. Le informazioni potranno essere consultate non solo dai fornitori, ma anche dagli intermediari già delegati dagli stessi ad accedere al loro “Cassetto fiscale”. Si consiglia tuttavia di richiedere sempre al proprio cliente copia di cortesia della dichiarazione di intento presentata.
Si evidenzia che l’effettuazione di cessioni o prestazioni di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), D.P.R. 633/1972, senza avere prima riscontrato per via telematica l’avvenuta presentazione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione di intento, comporta l’irrogazione di una sanzione dal 100 al 200% dell’imposta.